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Basilicata, lo studio sullo stabilimento Eni di cui nessuno parla: “Vicino al Centro Oli la mortalità è più alta della media”

Quattro anni di analisi di cartelle cliniche, questionari, esami sulla popolazione e, fino ad oggi, non un rigo su un quotidiano o un tg nazionale, – escluso il Fatto – nonostante le conclusioni alle quali è giunto il team di ricerca, dopo aver scandagliato i comuni di Viggiano e Grumento Nova, siano limpide: “Mortalità e i ricoveri ospedalieri sono superiori alla media regionale”. E il Cane a sei zampe ha indetto una conferenza stampa preventiva per provare a smontare i dati

Ci hanno lavorato 29 ricercatori e tecnici di tre istituti del Cnr, del Dipartimento di biologia dell’università di Bari e del Dipartimento del Servizio sanitario della Regione Lazio. È lo studio più importante mai realizzato sul Centro Oli di Viggianodell’Eni, quello finito al centro dell’indagine della procura di Potenza assieme a Tempa Rossa e che arrivò a sfiorare le stanze del governo. Quattro anni di analisi di cartelle cliniche, questionari, esami sulla popolazione e, fino ad oggi, a oltre una settimana dalla presentazione, non un rigo su un quotidiano o un telegiornale nazionale, se si esclude il Fatto Quotidiano, il Tg regionale della Rai (il Manifesto e due brevi articoli sul dorso regionale campano di Repubblica). Nonostante le conclusioni alle quali è giunto il team di ricerca, dopo aver mappato e scandagliato i comuni di Viggiano eGrumento Nova, i due più vicini all’impianto di prima raffinazione del Cane a sei zampe in Basilicata, siano limpide: “Dalla Valutazione d’impatto sanitario emerge che nei due comuni la mortalità e i ricoveri ospedalieri tra il 2000 e il 2014 sono superiori alla media regionale e dei 20 comuni della Concessione Val d’Agri, sebbene la popolazione studiata sia di piccole dimensioni”. Non solo, perché secondo i ricercatori, “uno studio microgeografico ha consentito di stabilire una associazione di rischio fra l’aumento di mortalità e/o ricoveri per malattie del sistema circolatorio, in particolare ischemiche, per malattie dell’apparato respiratorio e l’esposizione alle emissioni del Centro Oli, in particolare nelle donne”. Solo venerdì, dopo una settimana di silenzio, il presidente della Regione, Marcello Pittella, ha dato una scossa annunciando di voler inviare i risultati ai ministeri dell’Ambiente e della Salute, specificando: “Non minimizzo, non drammatizzo: prendo atto“.

La smentita preventiva – Gli unici a saltare immediatamente sulla sedia sono stati proprio gli uomini dell’Eni, che hanno convocato una conferenza stampa preventiva per provare a smontare i dati pur non avendo a disposizione lo studio integrale. Proprio così: la prima presentazione ufficiale era in programma venerdì 22 settembre a Viggiano, ma già mercoledì 20 i vertici della multinazionale del petrolio avevano espresso i propri dubbi in sette punti su ciò che, secondo i consulenti, non torna nelle 563 pagine di rapporto stilato dal team coordinato dal professor Fabrizio Bianchi dell’Istituto di fisiologia clinica del Centro nazionale per le ricerche, incaricato dai due comuni ormai quattro anni fa di svolgere lo studio, arrivato a conclusione tra mille difficoltà e paletti, posti anche dall’amministrazione regionale, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it nei giorni successivi all’indagine della procura di Potenza.

I dati all’interno dei due comuni – Nei numeri forniti dai ricercatori, ce ne sono alcuni particolarmente rilevanti perché mettono in correlazione l’esposizione degli abitanti di Viggiano e Grumento Nova agli inquinanti dell’impianto di raffinazione del petrolio. “All’aumentare dell’esposizione alle emissioni del Centro Oli aumenta il rischio di morte e/o di ricovero” per alcune patologie, sentenzia il team di ricerca. “Dalle analisi di mortalità – è scritto nella sintesi del rapporto – si osserva un eccessostatisticamente significativo per le malattie del sistema circolatorio”. Un dato riscontrato sia nelle donne, con un “+63%nella classe di esposizione più alta rispetto alla più bassa”, sia se si considerano anche gli uomini (+41% complessivo). Eccessi di rischio statisticamente significativi emergono anche dalle analisi dei ricoveri: per le malattie del sistema circolatorio nelle donne, scrivono gli studiosi, l’aumento è del 41 per cento nella classe di maggiore esposizione rispetto a quella meno esposta all’interno dei due comuni, mentre per le malattie ischemiche e per le malattie respiratorie, sempre nelle donne, il rischio sale rispettivamente dell’80 e del 48 per cento.

Il rapporto con il resto della Basilicata – Se si considera come parametro di riferimento tutta la popolazione lucana o quella dei 20 comuni interessati dalle estrazioni petrolifere, la questione non cambia. Tra il 2000 e il 2014, rispetto alla Basilicata, la mortalità aumenta del 14% per “malattie del sistema circolatorio” e dell’11 per cento per “tutte le cause”. Mentre il paragone con gli altri Comuni della Val d’Agri mostra un +15% di aumento di mortalità per tutte le cause e un incremento del 32% nelle donne per malattie del sistema circolatorio. I risultati, sintetizza lo studio, “confermano quanto emerge dalla letteratura scientifica che riporta prove sufficienti per attribuire un ruolo causale a inquinanti atmosferici tra cui quelli presi in considerazione”.

Cosa fa il centro Oli e la risposta di Eni – Il Centro Oli è in attività dal 1996 e serve per separare la miscela di idrocarburi, gas naturali e acque di strato estratte dai pozzi petroliferi che si trovano nelle aree circostanti. L’impianto, insomma, effettua un primo trattamento del petrolio che poi viene raffinato a Taranto, dove arriva attraverso un oleodotto attivo dal 2001. Lo stabilimento dell’Eni è finito nuovamente al centro delle cronache per una sospensione delle attività legata ai sospetti di inquinamento del suolo e delle acque, che questo studio – tra l’altro – smentisce. Ma mette dei punti fermi sotto il profilo sanitario analizzando i composti organici volatili e altre sostanze emesse dai camini del Centro Oli. E su questi Eni ha deciso di rispondere lo scorso 20 settembre, quando ancora il team non aveva presentato ufficialmente l’intero rapporto esprimendo sette “perplessità” tecniche alle quale il coordinatore ha controreplicato, punto per punto, sul proprio sito. 

Lo studio sulle funzionalità respiratorie – I tre centri del Cnr e gli altri enti coinvolti nella Valutazione d’impatto sanitarionon si sono limitati ad analizzare dati e cartelle cliniche, ma hanno anche svolto attivamente analisi. Una parte dello studio si è soffermata sulle funzionalità respiratorie della popolazione residente a Viggiano e Grumento Nova. Dopo aver sottoposto a screening un campione di 200 abitanti, la conclusione è chiara anche se, ha spiegato Bianchi davanti alla Terza commissione regionale, “non stabiliamo un nesso causa-effetto” per questo tipo di malanni. “L’analisi dei dati ha mostrato che per la maggior parte dei sintomi considerati – si legge nel rapporto – emerge unrischio più elevato nell’area prossimale al Centro Olio”. In particolare, il sottogruppo che vive vicino all’impianto “è significativamente più soggetto a tosse al di fuori dei comuni raffreddori per alcuni periodi dell’anno” con un aumento del rischio del 149% e a “sintomatologie allergiche respiratorie associate a sintomatologia a carico degli occhi rispetto al gruppo che vive più lontano” con una differenza dell’aumento del rischio pari al 153 per cento. “Da noi – dice Bianchi a ilfattoquotidiano.it – non sentirete mai la parola allarme, ma certamente questi dati sonopreoccupanti e meritano approfondimenti”. La palla, ora, passa alla giunta regionale: “Alcuni degli inquinanti che abbiamo utilizzato nel nostro studio – aggiunge il coordinatore del progetto – non hanno limiti normati. Se la Regione Veneto si sta muovendo sui Pfas, la Basilicata potrebbe seguire l’esempio”.

Pittella: “Valutino i ministeri” – Ma il presidente Pittella che da un lato si dice “pronto a tutto”, anche a ordinare la chiusura del Centro Oli, chiede prima che siano i ministeri a vagliare e approfondire le conclusioni dello studio epidemiologico e ne annuncia uno più ampio su tutta la Val d’Agri: “Siamo chiamati a rispondere con rigore sul piano scientifico – ha detto dopo una settimana – e saremo inflessibili e severissimi su tale aspetto”. Dal canto suo, Bianchi si dice sereno: “Ho la serenità di chi ha utilizzato il disegno di studio epidemiologico più evoluto tra quelli oggi disponibili, dati ambientali e sanitari di buona qualità – spiega il coordinatore del progetto – Abbiamo messo in campo metodi e strumenti di analisi accreditati a livello internazionale, conclusioni e raccomandazioni strettamente basati sui risultati conseguiti”.

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Fonte: IlFattoQuotidiano.it

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Depressione post referendum

Pubblico di seguito la riflessione che don Paolo Farinella, di Genova, mi ha gentilmente inviato. Credo ci faccia bene leggerla per metabolizzare il dato del referendum e iniziare una migliore riflessione sui temi trattati e su quelli che da questi possono prendere forma e pensiero.

 

 

Genova 18-04-2016. –

È andata come non poteva non andare, considerati il reato d’istigazione alla
diserzione del boss del governo, l’ammutinamento della tv pubblica e, in parte privata, di quasi tutta la
stampa e le falsità sui posti di lavoro che si sarebbero stati persi. Diversi amici e amiche mi scrivono
dicendomi che sono andati a votare SI e ora sono depressi perché il voto è stato inutile e comunque «non c’è
niente da fare».
Prendo atto che non si sia raggiunto il quorum, ma non sono soggetto a depressione post referendum
perché non conosco né depressione né scoraggiamento, né tanto meno rassegnazione. Anche se tutti i votanti
avessero votato NO e solo io SI, ne sarebbe valsa comunque la pena perché ho votato secondo la mia libera
coscienza in formata, senza essermi venduto ad alcuno, senza avere ricevuto benefit dai petrolieri, senza
avere avuto paura del ducetto Renzi e della sua compagnia di merende. Difendere l’ambiente contro una
chiara forma di inquinamento autorizzato dal governo che lascia circa 40 piattaforme inattive da anni a
marcire per sempre nelle acque del Mediterraneo, ne valeva e ne varrà sempre la pena, anche da solo.
Invito le Amiche e gli Amici a riflettere.
Ci sarebbe stata sconfitta se la battaglia fosse stata combattuta ad armi pari con uso appropriato del
servizio pubblico televisivo e se il governo si fosse astenuto, come sarebbe stato suo dovere in fatto di
referendum. Il capo del partito Pd, ormai fuori controllo democratico, poteva invitare i suoi a votare secondo
coscienza, ma non poteva minacciare nella duplice veste di segretario di un partito (= associazione privata) e
di presidente del consiglio che, aggravante colpevole, ha mobilitato il re emerito Giorgio II che non ha perso
il vizio di volere comandare anche fuori tempo massimo.
Circa 15 milioni di Italiani e Italiane sono andati alle urne, di cui l’85,8% ha votato SI. Di questo
risultato devono cominciare ad avere paura Renzi e i suoi accoliti, perché se si fosse svolto un referendum
con tutti i crismi della democrazia, avrebbero stravinto i SI. Se sconfitta c’è stata, questa è di pertinenza del
governo e dei suoi alleati perché hanno vinto in modo scorretto, diffondendo dati non veritieri e barando
nella dinamica democratica. Non temete: tanto va il Renzi al lardo che ci lascia lo zampino.
Non so se avete notato che la stessa sera di domenica nella conferenza stampa per commentare il
risultato, la paura gli si leggeva in volto. Era una maschera tragica e ogni parola era nervosa e ballerina,
nonostante gli sforzi per nasconderla. Intanto la stessa conferenza stampa: perché indirla? Non era
assolutamente necessaria, visti i risultati.

Il narciso di Rignano doveva farla perché ne aveva bisogno lui per
illudersi di avere vinto e per mandare messaggi trasversali di stampo malavitoso a chi, nel suo partito, ha
dissentito come Emiliano, presidente della Regione Puglia, dall’imperatore del nulla.
Con la faccia da falsario, ha detto che non ha vinto il governo, ma hanno vinto gli operai: lui che ha
calpestato ogni garanzia sul lavoro, che ha abolito l’articolo 18 che nessuna Confindustria gli aveva mai
chiesto di abolire perché non è mai stato un ostacolo agli investimenti esteri; lui che ha precarizzato gli
operai come dimostra il calo verticale delle assunzioni e l’aumento dei licenziamenti, finiti gl’incentivi alle
imprese.
Qualcuno, più gigione di altri, aggiunge che «abbiamo buttato all’aria 300 milioni», senza nemmeno
scomodarsi a pensare che se, come sarebbe stato suo dovere, Renzi avesse accorpato il referendum alle
regionali, si sarebbero non solo risparmiati più soldi, ma si sarebbe giocato più pulito e il quorum sarebbe
stato raggiunto. La perdita dei 300 milioni è da addebitare a lui e solo a lui e dovrebbero sborsarla tutti i
membri del governo, cui bisogna aggiungere il silente e silenziato presidente della Repubblica che avrebbe
dovuto imporre l’accorpamento e non subire l’offuscamento della democrazia con l’umiliazione del
referendum.
Speriamo che le denunce dei radicali e di altri contro il presidente del consiglio dei ministri,
«pubblico ufficiale … [il quale] abusando delle proprie attribuzioni … si adopera … a indurre
all’astensione» (D.P.R. 361 del 30 marzo 1957) vada avanti fino in fondo e spero che Renzi venga
condannato al massimo previsto dalla Legge: tre anni di reclusione con in più il pagamento della multa e
delle spese processuali.
Qualcuno conclude che «ormai votiamo per le cause perse». In democrazia non è sufficiente vincere
a qualsiasi costo, ma è molto più importante decidere e agire con senso di legalità, in coerenza di Diritto,
fedeltà alla Costituzione e secondo la propria coscienza informata. No! Non abbiamo perso una causa,
abbiamo vissuto un momento altissimo di vita civile e senso democratico. Vi pare poco in questi tempi di
«accorciamento» dei diritti e della democrazia? Io sono orgoglioso di avere votato SI. Nonostante Renzi. Chi
non ha votato per qualsiasi ragione perde il diritto di lamentarsi e di protestare contro le ingiustizie del potere
perché ne sono complici e fautori. La «servitù volontaria» o l’ignavia non sono mai obbligatorie.

Paolo Farinella