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il 3 aprile sono a Milano al book pride

Segnalo la mia presenza a Milano, il 3 Aprile in occasione della seconda fiera nazionale dell’editoria indipendente. Evento, GRATUITO, che si svolgerà dal 1-3 Aprile 2016

In questa occasione presenterò il mio ultimo libro “Destra e sinistra addio. Per una nuova declinazione dell’uguaglianza.” ed. Lindau, presso  Base | Via Bergognone, 34 Milano , sala Flatlandia.

Mi confronterò con Pippo Civati e saremo moderati da Nicola Mirenzi, giornalista de “La7”

E’ un appuntamento molto importante perché sottolinea ancora di èiù l’importanza, in questo momento storico, di avere editori liberi ed indipendenti che garantiscano la presenza di idee buone e controcorrenti.

Siamo tutti invitati a partecipare.

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La forza rivoluzionaria della spiritualità nella società materialista e consumista

Pubblico un Estratto dal libro Destra e sinistra addio, Lindau, Torino 2016, pagg. 198 – 203

Il denaro può essere considerato il fondamento del sistema dei valori soltanto da persone che hanno smarrito la dimensione spirituale e non riescono a vedere nella vita altra prospettiva dalla soddisfazione delle esigenze materiali, che accomunano gli esseri umani alle altre specie animali, con similitudini sostanziali nella classe dei mammiferi a cui essi appartengono. La spiritualità è una dimensione esistenziale esclusivamente umana, caratterizzata da pulsioni, riflessioni, sentimenti, slanci e desideri razionalmente incomprensibili, che non attengono alla sopravvivenza degli individui e della specie. È la sfera in cui si manifesta l’etica e la facoltà di pensare. La spiritualità consente agli esseri umani di sviluppare la consapevolezza delle relazioni e delle interdipendenze che li connettono a tutte le altre forme di vita. Questa consapevolezza, che può essere più o meno sostenuta razionalmente, o più o meno istintiva, è il presupposto che può indurre ad agire per evitare che se ne sbrindelli la trama. La spiritualità si manifesta ai livelli più alti nei rapporti fondati sull’amore, un’intimità reciproca, una condivisione di scelte esistenziali così profonda che travalica la razionalità e si realizza col dono incondizionato del proprio tempo e delle proprie capacità alle persone amate. Un dono gratuito, che non prevede restituzioni e può assumere forme diverse senza mutare la sua sostanza. È il rapporto tra genitori e figli, tra amanti, tra persone appartenenti a una stessa comunità religiosa. È la pulsione interiore che induce a dedicare la propria vita ad alleviare le sofferenze di coloro che sono stati colpiti con particolare durezza nella psiche, nel corpo, dalle vicende della vita, da sofferenze causate dalle condizioni di deprivazione affettiva o di miseria materiale in cui sono cresciute. È la motivazione che induce il contadino anziano a piantare alberi di cui non mangerà i frutti, memore di aver mangiato da bambino i frutti di alberi piantati da chi sapeva che non ne avrebbe mangiati. Il dono gratuito e incondizionato del tempo, che sostanzia i legami interpersonali fondati sull’amore, veniva indicato in latino con la parola donum. Oltre che con questo tipo di dono, gli esseri umani possono rafforzare le connessioni che definiscono il loro essere come con-essere, per riprendere una  definizione di Alessandro Pertosa (nel libro Dall’economia all’euteleia. Scintille di decrescita e di anarchia, Edizioni per la decrescita felice, Roma 2014), instaurando tra loro rapporti di scambio basati su un dono del tempo che implica la restituzione, non immediata né scadenzata, né quantificata rigorosamente, basata sulla fiducia reciproca. In latino questo tipo di dono veniva definito munus. Sul dono del tempo che implica la restituzione si fondano i rapporti comunitari, ovvero i legami sociali tra nuclei di persone che si conoscono, vivono in uno spazio territoriale delimitato, generalmente un paese, e si scambiano vicendevolmente lavori e servizi senza la mediazione del denaro. Mentre gli scambi mediati dal denaro sono impersonali e implicano una competizione tra i contraenti – chi vende punta a ricavare la somma più alta possibile, mentre chi compra tende a spuntare il prezzo più basso – gli scambi basati sul dono reciproco del tempo implicano la condivisione e la solidarietà. Se uno dei contraenti non rispetta la regola implicita del controdono, rompe il rapporto di fiducia e si autoesclude dai legami comunitari. Benché non siano mai stati codificati formalmente, i rapporti comunitari fondati sul munus, presentano le stesse caratteristiche di solidarietà in tutti i luoghi del mondo e in tutte le epoche storiche. E presentano anche le stesse forme di deviazione, consistenti nella possibilità di utilizzare il dono come strumento di dominio da parte di chi è in grado di fare e fa doni così grandi che non possono essere restituiti da chi li riceve. Tuttavia deviazioni di questo tipo si possono realizzare solo in presenza di grandi diseguaglianze, che costituiscono di per sé un impedimento sostanziale alla realizzazione di rapporti autenticamente comunitari. Oltre l’ambito degli scambi interpersonali che avvengono nel quotidiano, in alcune scadenze con una forte connotazione simbolica per la vita delle comunità, il munus assume connotazioni corali, presentandosi sotto la forma di una solidarietà collettiva che coinvolge non solo i rapporti degli esseri umani tra loro, ma anche con i luoghi del mondo in cui vivono e da cui traggono ciò di cui hanno bisogno per vivere. Si pensi ai momenti della vita contadina tradizionale in cui si raccoglievano i frutti del lavoro e dell’attesa di un anno: la mietitura del grano, la trebbiatura e la vendemmia, in cui tutte le famiglie a turno si aiutavano vicendevolmente. Momenti di solidarietà e di festa che sono finiti quando l’economia del dono è stata sostituita dalla mercificazione e i raccolti sono stati effettuati da persone pagate per farlo: contoterzisti, braccianti e giornalieri.

Mentre le relazioni fondate sul munus sono inevitabilmente limitate al momento in cui avvengono, le relazioni fondate sul donum sono in grado di superare i limiti spazio-temporali che connotano la condizione umana e di creare legami tra le generazioni attraverso l’arte. Le opere d’arte, in tutte le loro forme – musica, pittura, scultura, architettura, letteratura – sono lasciti di bellezza e di armonia aggiunte dagli esseri umani alla bellezza e all’armonia originarie del mondo, arricchiti da ogni generazione e tramandati sotto forma di dono inevitabilmente gratuito alle generazioni successive, fino a quando la modernità ha trasformato l’arte da dono in merce, sottoponendola, come tutte le merci, alle regole della pubblicità, del prezzo, del profitto e della deperibilità.

La spiritualità non coincide con la fede, ma ne è il presupposto. La fede è la manifestazione della spiritualità di chi crede in qualcosa che non è dimostrabile razionalmente. «Fede è sustanza di cose sperate / e argomento delle non parventi», ha scritto Dante nel canto XXII del Paradiso, ai versi 64-65. La spiritualità si manifesta anche senza la fede, ma senza spiritualità non c’è fede e la religione diventa un guscio vuoto, privo di vita. Oppure uno strumento di potere utilizzato per dominare e condizionare i comportamenti delle persone più deboli.

Chi mantiene viva la sua spiritualità non può condividere i valori di un sistema economico e produttivo fondato su un antropocentrismo devastante nei confronti degli ambienti, violento nei confronti di tutti gli altri viventi, ingiusto nei confronti dei popoli poveri e delle generazioni future. La spiritualità è la forza più grande che si possa contrapporre alle iniquità generate da questo sistema. Il recupero della spiritualità in una società che tende ad annullarla per concentrare ogni interesse sugli aspetti materiali della vita, è una metanoia, un cambiamento del modo di pensare e del sistema dei valori, una liberazione interiore dai condizionamenti che inducono a credere che il fine dell’economia sia la crescita della produzione di merci e il senso della vita si identifichi col potere d’acquisto e col possesso di cose. Riducendo l’importanza del denaro e valorizzando le relazioni umane fondate sul dono incondizionato che caratterizza i rapporti d’amore e sul dono che implica la reciprocità, la spiritualità smonta i pilastri su cui il modo di produzione industriale ha omologato i pensieri e le aspirazioni degli esseri umani per rendere i loro comportamenti funzionali al raggiungimento dei suoi fini. È una scelta esistenziale che nella vita quotidiana assume la connotazione della disobbedienza civile, perché induce a non lasciarsi irretire dalle sirene del consumismo, ma a dedicare più tempo agli affetti che al lavoro, a leggere un libro, ad ascoltare un brano musicale, a visitare un museo invece di lasciarsi ipnotizzare dagli spettacoli d’intrattenimento. Perché induce a comprare poco senza pensare che si stia rinunciando a qualcosa. Comprare poco è una rinuncia solo per chi crede che il senso della vita sia comprare sempre di più. In realtà è una scelta liberatoria, che affranca dallo stato di insoddisfazione permanente cui si condanna chi ripone le sue aspettative di realizzazione umana nell’acquisto di cose, perché inevitabilmente le economie finalizzate alla crescita immettono in continuazione sui mercati cose nuove per non dare mai tregua al desiderio di acquistarle, consentendo di appagarlo solo nel breve intervallo di tempo necessario a mantenerlo vivo. E quel breve intervallo di tempo in cui il desiderio di acquistare viene appagato provvisoriamente dall’acquisto, non è nemmeno sereno perché, se si crede che il benessere consista nel possesso di cose, non si può evitare che venga corroso dal confronto con chi ne possiede di più. Solo un cambiamento del sistema dei valori consente di capire a quale mortificazione della propria umanità si condanni chi, lasciandosi irretire dalle sirene del consumismo smarrisce la propria spiritualità, a quale vuoto esistenziale sia destinato chi non percependo che il suo essere è costituito dal tessuto delle relazioni che lo connettono agli altri esseri viventi, non conosce più la solidarietà: non è capace a darne e non ne riceve.

 

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Destra e sinistra addio.

Il 21 gennaio 2016 esce il mio ultimo libro “Destra e sinistra addio. Per una nuova declinazione dell’uguaglianza, Lindau, Torino 2016.

E’ un lavoro a cui tengo molto e su cui desidero confrontarmi seriamente con chiunque desideri farlo in modo costruttivo.

Sarò certamente impegnato in giro per l’Italia per diverse presentazioni già stabilite e c’è ancora spazio per chiunque desideri organizzare una presentazione, una conferenza, un confronto nella città in cui vive.

Per darvi un’idea del lavoro che ho scritto, di seguito trovate la scheda del libro.

 

Le definizioni di destra e di sinistra per indicare due schieramenti politici contrapposti sono state utilizzate per la prima volta nella Convenzione Nazionale, l’assemblea incaricata di redigere la costituzione francese nel 1792. Da allora rappresentano la concretizzazione storica assunta da due orientamenti che caratterizzano da sempre i rapporti sociali: quello di chi ritiene che le diseguaglianze tra gli esseri umani siano un dato naturale non modificabile, e quello di chi ritiene che abbiano un’origine sociale e, quindi, possano essere rimosse o, quanto, meno attenuate. Negli ultimi due secoli il confronto politico tra le concretizzazioni storiche di queste due posizioni si è svolto a partire da una comune valutazione positiva del modo di produzione industriale, che sia la destra, sia la sinistra considerano un progresso rispetto alla precedente fase storica perché, grazie ai progressi  scientifici e tecnologici, ha accresciuto la produzione di merci, consentendo all’umanità di entrare in un’epoca d’abbondanza senza precedenti. La dialettica tra la destra e la sinistra si è articolata su due punti. Il primo: fa crescere di più l’economia una società che valorizza le diseguaglianze o una società che promuove l’eguaglianza? Il secondo: come suddividere tra le classi sociali i proventi economici derivanti dalla crescita della produzione? Attraverso la “mano invisibile del mercato”, come ha sostenuto la destra, o con un intervento correttivo dello Stato per ridurre le diseguaglianze che ne deriverebbero, come ha sostenuto la sinistra?

In questo libro si constata innanzitutto che, dovunque ha governato la destra, l’economia è cresciuta di più di quanto è cresciuta dove ha governato la sinistra. La partita si è chiusa definitivamente con la vittoria della destra, testimoniata emblematicamente dall’abbattimento del muro di Berlino. Nelle società che finalizzano l’economia alla crescita della produzione di merci la destra è strategicamente vincente. Ma la sconfitta della sinistra è la sconfitta della sua interpretazione storica dell’uguaglianza, non dell’idea di uguaglianza. Tuttavia, negli anni in cui si realizzava la vittoria strategica della destra, la crescita economica  ha oltrepassato le capacità del pianeta di fornirle la quantità crescente di risorse di cui ha bisogno per continuare a crescere, ha superato le capacità del pianeta di metabolizzare gli scarti e le emissioni dei processi produttivi, ha indotto a scatenare con sempre maggiore frequenza guerre per tenere sotto controllo le zone del mondo che contengono le riserve di materie prime e di energia, ha iniziato a suscitare nei paesi meno industrializzati ondate migratorie incontenibili, si è bloccata nei paesi industrializzati dal 2008 e sta facendo pagare alle classi lavoratrici i costi dei tentativi di ripresa.

Per attenuare le cause di questi processi distruttivi è necessario in primo luogo sviluppare tecnologie più evolute, finalizzate ad aumentare l’efficienza con cui si trasformano le materie prime in beni, in modo di ridurne il fabbisogno e di ridurre le emissioni non metabolizzabili dalla biosfera. Occorre avviare una decrescita selettiva, fondata sulla riduzione degli sprechi e dell’impronta ecologica dell’umanità. Se si abbandona l’ideologia della crescita, che ha accomunato la destra e la sinistra, è anche possibile ridare forza alla tensione etica finalizzata a realizzare una maggiore eguaglianza tra gli esseri umani, liberandola dall’interpretazione perdente che le è stata data dalla sinistra e articolandola in maniera diversa. In secondo luogo è necessario ridurre il ruolo assunto dal denaro riscoprendo la possibilità di autoprodurre una parte dei beni di cui si ha bisogno e forme di economia basate sul dono reciproco del tempo. La riduzione dell’importanza del denaro comporta una rivalutazione della spiritualità, della creatività e del valore delle relazioni basate sulla solidarietà.

Del resto, come ha avuto un inizio storico, non si può escludere la diade “destra-sinistra” abbia fine con la fine della possibilità di continuare a far crescere la produzione di merci. In tutti i capitoli del libro, e in particolare nell’epilogo, vengono fornite indicazioni per intraprendere un percorso culturale e politico che consenta di aprire una nuova fase della storia, in cui un’economia non più vincolata alla distopia della crescita infinita consenta di ridurre le diseguaglianze non solo tra gli esseri umani senza farne pagare i costi alle generazioni future, ma anche tra la specie umana e le altre specie viventi. Ne risulta una critica alla gestione della destra di questa fase storica, ben più radicale di quella che fa la sinistra proprio perché non rientra nelle categorie culturali della sinistra. Un’attenta analisi dell’enciclica “Laudato sì”, posta in appendice all’ultimo capitolo suggerisce che, probabilmente, questo cammino è già iniziato.

 

 

Indice

 

Prologo

 

Capitolo 1. Destra e sinistra: qualche richiamo storico

 

Capitolo 2. La destra, la sinistra e il modo di produzione industriale

 

Capitolo 3. La guerra ai contadini, agli artigiani, ai rapporti comunitari. L’estensione del proletariato                  e le migrazioni.

 

Capitolo 4. La destra, la sinistra e la crescita

 

Capitolo 5. Progresso, cambiamento, innovazione, sviluppo, modernità

 

Capitolo 6. Povertà e ricchezza

 

Capitolo 7. La religione è l’oppio dei popoli?

 

Capitolo 8. Chi non è di destra non può che essere di sinistra? Chi non è di sinistra non può che essere di destra? Il paradigma culturale della decrescita

 

Capitolo 9. Per una nuova declinazione dell’idea di uguaglianza. Scheda: La concezione del mondo espressa nell’Enciclica Laudatosi‘ di Papa Francesco.