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Le Olimpiadi nelle Dolomiti? Devastante

Non mi stancherò di dire che in Alto Adige Südtirol i giganteschi alberghi ci porteranno sempre più in direzione di un turismo pornoalpino.

Le olimpiadi invernali nelle Dolomiti. Se ne sta parlando da qualche giorno. Pensate, sarebbe devastante. Già solo a pensarle si fa una gran sciocchezza e lo dico e lo scrivo. L’altro giorno, mentre si parlava dell’asset societario di una nuova società privata e pubblica, una persona vicina a me mi dice: “Se diventi presidente non potrai più dire che vuoi i passi dolomitici senza auto e altre cose radicali”. Gli ho risposto picche. Un arrampicatore sociale deve piacere, un uomo ingabbiato deve seguire gli umori delle persone, un politico che mira in alto deve dire cose che l’uomo della strada può accettare. È la chiave del successo di leghisti, estremisti, conformisti, arrivisti, opportunisti. Da un uomo –relativamente- libero non temo di dire la mia su questioni che mi riguardano da vicino. Continuerò a dire che i fuochi d’artificio in mezzo alle montagne sono una chiara espressione di ignoranza turistica, e che chi li propone non possiede le prerogative basilari per essere a capo di un’associazione turistica. Non cambierò idea sulla mia opinione rispetto al presidente degli albergatori che di un turismo sostenibile non ne vuole sapere. Continuerò a dire che il nostro ex monarca Durnwalder continua a sbagliare quando parla di un doppio passaporto, che in cambio di voti ha elargito prebende a destra a manca. Con cinque miliardi di budget annuale non era tanto difficile costruire case della cultura gigantesche, vere cattedrali del deserto. Certo, ha fatto cose discrete e anche buone, è stato bravo a farsi rispettare, su questo non c’è dubbio. Dubito invece che sia stato giusto che per anni abbia deciso, lui stesso, su contributi ad associazioni e comitati. A furia di versamenti e sgravi fiscali ha fatto diventare i contadini di pianura turbo-contadini esperti di culture intensive. Il risultato? Sempre maggior produzione e prezzi sempre più bassi. Da esperienza personale posso dire che non mi ha certo facilitato la vita quando ho smesso di chiedere soldi pubblici andando in pellegrinaggio da lui alle cinque del mattino.

Continuerò a dire che la maggioranza politica in questa provincia tende ad assorbire la minoranza ladina, e che la mancanza di una scuola paritetica estesa a livello regionale è un deficit culturale. Continuerò a dire che i cuochi sono troppo santificati rispetto ai camerieri, e che il lavoro in nero nel nostro settore deve finire. Non mi stancherò di dire che in Alto Adige Südtirol i giganteschi alberghi ci porteranno sempre più in direzione di un turismo pornoalpino.

Anche in futuro proverò ad avere idee mie, anche se di mio, veramente di mio c’è ben poco. Ascolto, assimilo, trascrivo le idee più interessanti, assorbo e, perché no, copio. E poi parlo. O scrivo. E la cosa interessante è che persone assai più blasonate di me ora prendono e ripetono ai giornali quello che io predico da anni, copiandolo da altri più lungimiranti di me. Mondo strano il nostro. Ora tutti parlano di prodotti regionali, di ore di lavoro giuste, dell’importanza di una giustizia sociale. Lo dicono politici, manager, cuochi famosi. Fino a pochi anni fa non era così: bene allora, le cose possono e devono prendere la strada giusta. Continuerò ad appoggiare i disagiati, a dire che è una vergogna che il nostro comune non accetti pochi migranti. Poi, magari, il direttore di questo giornale mi impedirà di scrivere perché sono diventato, agli occhi di molti, rancoroso e astioso. E allora davvero capirò che ha ragione, e che è meglio che vada a riposo. Anche se è il sonno della ragione a generare mostri, come quello delle olimpiadi invernali, altroché.

Michil Costa
dalla prima pagina dell’Alto Adige, 25/01/2018

180125_AltoAdige

Fonte:MichilCosta

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2017: il riscaldamento prosegue senza sosta

La rituale disamina della stima delle temperature medie globali dell’anno appena terminato mediante l’analisi dei dati grezzi e grigliati NCEP/NCAR mostra come il 2017 non abbia battuto il record stabilito un anno fa dal 2016, ma ci sia andato comunque molto vicino. Infatti, nella classifica degli anni più caldi, il 2017 si colloca al secondo posto, sopra il 2015, e il valore di anomalia , +0,51 °C rispetto al periodo 1981-2010, supera ancora +1°C rispetto all’inizio del secolo. Le considerazioni finali purtroppo confermano quanto già affermato negli anni precedenti.

Da tre anni questo articolo, che ormai tradizionalmente prepariamo commentando l’anno appena trascorso sulla base delle temperature del database NCEP/NCAR, iniziava sottolineando come l’anno appena passato fosse risultato “il più caldo dall’inizio delle misure”, battendo il record di temperatura media globale dell’anno precedente (vedi quiqui e qui). E, diciamolo, cominciava ormai a diventare un fatto noioso e scontato.

Salutiamo, quindi, come una novità il fatto che il 2017 non abbia battuto per la quarta volta consecutiva il record dell’anomalia di temperatura media globale! Ma non c’è da esultare troppo, tuttavia. Perché, nella speciale classifica degli anni più caldi (tabella 1), il 2017 si piazza al… secondo posto! E considerando che la prima metà dell’anno ha visto un indice ENSO sostanzialmente neutrale o debolmente positivo (fase El Niño), e la seconda metà dell’anno un valore nettamente negativo (fase La Niña), come evidenziato dettagliatamente in questa disamina (ma si vedano anche i nostri articoli al riguardo, qui e qui), questa volta non si può dare la colpa a questa teleconnessione tra oceano e atmosfera.

Notiamo anche come la proiezione ottenuta usando i dati ufficiali dei due database GISS e HADCRU(nei quali, onde ottenere la media annua, è stato usato il valore di dicembre 2016 per sopperire al dato ancora mancante di dicembre 2017) confermino sostanzialmente i valori di anomalia (anche se l’ultimo fornisce un valore inferiore che posizionerebbe il 2017 al terzo posto, dopo il 2016 e il 2015).

Tabella 1: Anomalie di temperatura media globale (in °C) riferite al periodo 1981-2010 per i database NCEP/NCAR (seconda colonna), GISS (quarta colonna) e HADCRU (ultima colonna). Per questi ultimi due database, il valore riportato contiene la media annua calcolata usando l’anomalia di dicembre 2016. Per confronto, la terza colonna riporta le anomalie di temperatura media globale riferite ad un “rettangolo” di globo terrestre contenente l’Italia.

L’analisi delle anomalie termiche globali del 2017 mese per mese (tabella 2, tutte espresse rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) mostra come tutti i mesi dell’anno siano risultati più caldi rispetto alla media globale. In particolare, marzo si è distinto come il mese con l’anomalia maggiore e giugno con quella minore, mentre a livello stagionale la parte finale dell’inverno e il periodo agosto-ottobre sono stati quelli con le anomalie maggiori.

Tabella 2: Anomalie di temperatura media (in °C) riferite al periodo 1981-2010 (database NCEP/NCAR) e relative all’intero globo terrestre (seconda colonna) e al “rettangolo” contenente l’Italia (terza colonna).

A livello globale l’anomalia del 2017 nel suo complesso (Figura 1) si è manifestata con i massimi più pronunciati, tanto per cambiare, alle latitudini altissime del mar glaciale artico, sopra l’Europa e sopra l’Asia nordorientale, dove si sono superati i +5 °C; anche Europa meridionale, nord America e Asia hanno fatto registrare anomalie positive con isolinee superiori a 1 °C.

Figura 1: anomalie termiche dell’anno 2017 a scala globale (dati NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

 

L’Italia

Nella tabella 2, a titolo di paragone, sono state riportate le anomalie mensili relative all’Italia (al fine di derivare l’anomalia media sull’Italia, dal momento che i dati usati hanno una risoluzione di 2.5° in latitudine e longitudine, è stato considerato il rettangolo di mondo compreso tra le latitudini 35°N e 47,5°N e le longitudini 7,5°E e 17,5°E). Tali anomalie sono (o dovrebbero essere) quelle che guidano le nostre sensazioni, ed evidenziano come, a differenza di quanto sia avvenuto a livello globale, in quattro mesi (gennaio, settembre, novembre e dicembre) si siano registrate anomalie negative, in quattro mesi anomalie positive ma inferiori a 1°C, e negli altri quattro mesi anomalie positive e superiori a 1°C. In questi mesi, giugno (il mese con l’anomalia minore a livello globale) è stato in Italia il mese più caldo rispetto alla media (tutte le anomalie sono espresse rispetto al periodo di riferimento 1981-2010).

Su un territorio estremamente più ristretto rispetto al globo terrestre, è assolutamente normale che le oscillazioni di temperatura appaiano più marcate rispetto alle medie globali, e non vi è da stupirsi neppure se, in alcuni mesi, esse appaiano anche in controtendenza rispetto alle medie globali. Lo stesso discorso vale anche prendendo in considerazione le medie annue (tabella 1): anche in questo caso si evidenzia come ciò che abbiamo vissuto non sia rappresentativo della media globale, ma rifletta fenomeni ed accadimenti a carattere più locale e regionale.

Vediamo comunque alcuni di questi mesi con le anomalie maggiori che hanno caratterizzato il 2017 in Italia ed Europa (sempre ricordando che il database contiene dati su punti griglia equispaziati di 2,5° in latitudine e longitudine, in linea di massima assimilabili a 250 km circa).

Nel mese di giugno (Figura 2) si è registrata l’anomalia maggiore, con +2,08 °C; dalla figura si può notare come essa abbia coinvolto praticamente l’intero territorio nazionale, con il nord ed il centro Italia, oltre alla Francia ed alla penisola iberica, avvolti dall’isoterma 2°C, e con valori soltanto leggermente inferiori al sud Italia.


Figura 2: anomalie termiche del mese di giugno 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

Per quanto riguarda agosto (Figura 3, anomalia di 1,75 °C), l’Italia centrale ha fatto registrare un’anomalia di oltre 3°C, mentre il resto del territorio ha fatto registrare valori superiori a 2°C, e solo le isole e le Alpi valori inferiori.


Figura 3: anomalie termiche del mese di agosto 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

A marzo, invece, (Figura 4, anomalia di 1,72 °C), il nord Italia, e segnatamente il nordovest, hanno mostrato anomalie superiori a 2,5°C, mentre in Sicilia è stata inferiore a 1°C.

Da notare come, nei tre casi, solo a marzo l’anomalia positiva ha coinvolto praticamente l’intera Europa, mentre negli altri due casi le latitudini più settentrionali hanno fatto registrare anomalie negative anche vistose.


Figura 4: anomalie termiche del mese di marzo 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

Gennaio è invece stato il mese che ha mostrato l’anomalia minore (Figura 5, valore di -2,06 °C); in tale mese, i versanti orientali ed il nord sono stati i più freddi, mentre l’isoterma -2 °C ha diviso l’Italia. Da notare come il nord Europa, in tale mese, abbia sperimentato una vistosa anomalia positiva.


Figura 5: anomalie termiche del mese di gennaio 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

A dicembre (Figura 6, anomalia di -0,53 °C), mese appena conclusosi, tutto il territorio nazionale ha fatto registrare un’anomalia negativa. Anche in questo caso, si possono notare, oltre alle anomalie molto positive alle alte latitudini, i valori superiori a +4 °C in Europa orientale.


Figura 6: anomalie termiche del mese di dicembre 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

Anche settembre (Figura 7, anomalia di -0,67 °C) ha fatto registrare un’anomalia negativa, ma in questo caso con una forte asimmetria sul territorio nazionale, tagliato da molte isolinee. I minimi hanno riguardato l’estremo nordorientale (inferiori a -1 °C), mentre la Sicilia ha mostrato anomalie lievemente positive. A settembre, inoltre, come già accaduto negli altri casi, solo una limitata porzione dell’Europa, quella sudoccidentale (con l’esclusione della Spagna e con una lingua fin sulla Tunisia), ha mostrato anomalie negative.


Figura 7: anomalie termiche del mese di settembre 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

 

L’Europa

Per quanto riguarda l’anomalia del 2017 nel suo complesso sull’Europa, la situazione è descritta molto bene nella mappa (Figura 8): praticamente tutta l’Europa si è trovata in anomalia positiva, con valori di oltre 1 °C alle alte latitudini, sulla parte sudorientale, e sulla penisola iberica, e poche zone con anomalia inferiore a 0,5 °C.


Figura 8: anomalie del 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in °C riferiti al periodo 1981-2010).

 

Le precipitazioni

È interessante notare come esista una buona correlazione con la piovosità. Va però notato che la mappa di questa grandezza, mostrata in Figura 9, registrata in questo database come intensità di precipitazione (in mm al giorno), risente ovviamente della risoluzione molto bassa del grigliato e non è in grado di evidenziare gli effetti orografici locali, come nel caso delle Prealpi, per cui va interpretata come segnale a grande scala.

In particolare, si nota come le aree con precipitazioni più abbondanti della norma (Europa centrale e – in parte – settentrionale, Mediterraneo orientale) siano anche state quelle con le anomalie termiche minori. Questo non è dovuto soltanto alla mancata insolazione, ma anche al feedback con l’umidità del terreno (si veda qui per una discussione più approfondita). Si noti che, al fine di interpretare correttamente il segnale della precipitazione, un’anomalia di 0,3 mm/giorno (quale quella, negativa, presente sul mar Tirreno) corrisponde, in un anno, ad un’anomalia complessiva di 120 mm. Inoltre, va detto che una mappa di questo tipo non tiene in conto l’informazione relativa alla tipologia e frequenza delle precipitazioni (come noto, un singolo temporale violento che scarichi decine di mm non compensa mesi di siccità pregressa), e sarebbe più utile analizzare l’umidità del suolo, che tuttavia non è presente su queste mappe (o meglio, la variabile c’è ma il grigliato troppo poco risoluto la penalizza).


Figura 9: anomalie di precipitazione del 2017 in Europa (dati 
NCEP/NCAR, valori in mm/giorno riferiti al periodo 1981-2010).

 

Conclusione

In definitiva, la disamina generale di quanto accaduto nell’anno appena terminato, al di là di qualche peculiarità geografica, conferma le tendenze già viste in quasi tutti gli ultimi anni: il riscaldamento globale prosegue senza sosta, specialmente nell’emisfero settentrionale, e le aree prossime al circolo polare artico mostrano le anomalie positive più vistose. La spirale termica (si veda qui) continua ad allargarsi…

 

Testo di Claudio Cassardo

Fonte:Climaternanti.it

California, c’è la proposta di vendere solo auto a emissioni zero dal 2040

Lo Stato della California potrebbe mettere al bando la vendita di auto e camion a carburanti fossili entro il 2040. La proposta di legge, presentata da Phil Ting, parlamentare democratico dell’Assemblea californiana, interessa anche il governartore, che guarda alla Cina.

Lo Stato della California potrebbe mettere al bando la vendita di auto e camion alimentati a carburanti fossili entro il 2040.

La proposta di legge è stata presentata pochi giorni fa da Phil Ting, parlamentare democratico dell’Assemblea californiana. Se la misura diventerà legge, dal 1° gennaio 2040 tutti i veicoli venduti in California dovranno essere ad emissioni zero, quindi elettrici o con celle combustibili a idrogeno.

Questa legge, in uno Stato che registra il maggior numero di auto vendute annualmente negli Usa e che è tra i più importanti mercati mondiali, dovrebbe contribuire in modo decisivo al percorso di riduzione delle emissioni che la California ha come obiettivo: -80% al 2050 rispetto ai livelli del 1990.

Il promotore della misura ha chiarito che andava posta una scadenza precisa per renderla effettivamente operativa e dare indicazioni ai costruttori di veicoli: l’anticipazione di 23 anni era il tempo giusto per farlo.

L’argomento era stato affrontato di recente anche nell’ambito del California Air Resources Board, il regolatore statale sulla qualità dell’aria e lo stesso governatore Jerry Brown aveva mostrato interesse sulla questione, segnalando come altri paesi, ad esempio la Cina, avessero a livello istituzionale indicato che questa è la strada da percorrere. Il colosso asiatico sta pensando ad esempio anche di mettere al bando quanto prima le vetture a gasolio.

Ricordiamo che il programma di Pechino prevede che entro il 2018 i mezzi a emissioni zero costituiscano almeno l’8% delle vendite, una quota considerevole visto il gigantesco mercato cinese e che dovrebbe aumentare negli anni successivi. Un obiettivo così ambizioso che non è piaciuto alle maggiori associazioni mondiali dei produttori di auto che a luglio hanno scritto al governo cinese chiedendo di rivederlo al ribasso.

I primi annunci che chiedono di vietare le vendite di auto a benzine sono stati fatti da Norvegia e Olanda che hanno posto una deadline al 2025; si tratta in effetti di mercati dove l’elettrico è già in fase avanzata. India Germania propongono il 2030, mentre la Francia, come la California, ha posto la scadenza al 2040. In questo consesso manca il nostro paese, che peraltro combatte da anni con l’inquinaamento legato al trasporto su strada.

Nonostante le vendite annuali di auto elettriche su scala mondiale (vedi grafico soto) siano in aumento di circa il 63%, tanto che circa 2 milioni di vetture full electric hanno circolato nel 2016 e probabilmente ben oltre i 3 milioni lo hanno fatto nel 2017, va detto però che nel 2016 risultano vendute nel mondo ancora più di 92 milioni di nuove autovetture alimentate a carburanti fossili.

Mentre in Cina le auto elettriche vendute nel 2017 potrebbero essere ammontare almeno a 700.000, secondo le proiezioni della China Association of Automobile Manufacturers (CAAM), negli Usa, così come in California, la loro diffusione stenta a decollare.

Oltre a causa dei risaputi problemi legati al costo delle batterie, alla loro autonomia e ai tempi di ricarica, il motivo va trovato soprattutto nel basso prezzo della benzina, da circa due anni intorno ai 2,5 $ per gallone, cioè pari a circa 0,7-0,8 € al litro, un costo che non spinge i cittadini a cambiare modello di trazione.

Sebbene la deadline del 2040 sembreri parecchio lontana, va detto che sarà opportuno per il settore possa assistere innanzitutto ad una discesa del costo delle batterie al litio dagli attuali 270 $/kWh ai 70 dollari entro il 2030, così come prevedono diversi analisti, in concomitanza anche con un loro maggiore capacità.

Secondo un report di Bloomberg New Energy Finance, aggiornato al 2017, la percentuale delle vendite di veicoli elettrici al 2040 sul mercato mondiale viene stimata intorno al 54% del totale.

Non sarà un passaggio facile quello verso l’auto a zero emissioni e, nonostante quello che si dice dai suoi fautori, neanche privo di impatti ambientali, che dovranno essere ben gestiti.