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G7 e costi nascosti dei combustibili fossili

Alla vigilia del prossimo summit dei Capi di Stato e di Governo del G7 in Giappone (Ise-Shima, 26-27 maggio 2016), 82 organizzazioni di 30 Paesi (per l’Italia, l’Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE), che rappresentano più di 300.000 medici, paramedici e professionisti della sanità pubblica, hanno sottoscritto un Documento dal titolo “Global Health Professionals Call for Transition Away from Coal”.

Considerato che all’odg del vertice ci sono anche le modalità per rafforzare le risposte efficaci per la salute pubblica e per garantire la fornitura di servizi sanitari per tutta la durata della vita degli individui, in linea gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile al 2030, deliberati dall’Assemblea delle Nazioni Unite lo scorso settembre, si chiede di accelerare sull’uscita dal carbone quale fonte energetica, poiché l’impegno preso l’anno scorso al G7 in Germania di eliminare gradualmente le sovvenzioni alle fonti fossili entro la fine del secolo non costituisce una road map adeguata alle emergenze sanitarie che i cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico stanno determinando a livello globale.
Viceversa, l’eliminazione dell’inquinamento atmosferico causato dalle centrali elettriche a carbone produrrebbe immediati effetti positivi sulla salute degli individui e risparmi notevoli per l’assistenza sanitaria. Inoltre, l’uscita dal carbone, si afferma nel documento, rallenterebbe i cambiamenti climatici, riducendo morti e malattie attuali e future connesse all’inquinamento, alle ondate di calore, agli incendi, alle inondazioni, alla siccità e alla malnutrizione.

hidden costs of our energy supply
Il tema dei costi nascosti dei combustibili fossili è stato pure oggetto di un Brief paper  (“The True Cost of Fossil Fuels: Saving on the Externalities of Air Pollution and Climate Change”), diffuso il 20 maggio 2016 dall’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA), secondo cui se si raddoppiasse al 2030 la quota di energie rinnovabili nel mix energetico globale si eviterebbero 4 milioni di morti all’anno e si risparmierebbero fino a 4.200 miliardi di dollari all’anno per le “esternalità” connesse alle spese per la salute, ovvero 15 volte di più delle spese che sarebbero necessarie per raddoppiare il “peso” al 2030 delle energie rinnovabili.

Il Brief sviluppa i risultati del Rapporto “REmap: Roadmap for a Renewable Energy Future” che IRENA aveva pubblicato in marzo.
Stiamo già vedendo che le fonti rinnovabili competono testa a testa con le fonti dei combustibile tradizionali e di vincere – ha affermato il Direttore del Centro di Innovazione e Tecnologia di IRENA, Dolf GielenQualora siano considerati tutti i costi e benefici, le energie rinnovabili diventano un’opzione ancora più attraente. Al fine di comprendere il vero costo dell’energia e prendere decisioni politiche di conseguenza, i costi esterni connessi con l’uso di combustibili fossili devono essere incorporati nei prezzi energetici”.

Il calo maggiore di inquinanti deriverebbe, secondo l’Agenzia, dal settore energetico, soprattutto per effetto della riduzione dell’uso di carbone, seguito dai trasporti, grazie al miglioramento della qualità dell’aria nelle città. In termini assoluti, a trarre i maggiori benefici per i risparmi in termini di salute, sarebbero Cina, India, Indonesia e Stati Uniti, insieme a tutti i Paesi in via di sviluppo dove l’uso delle bioenergie tradizionali verrebbe progressivamente eliminato.

Tuttavia, con le attuali politiche e piani nazionali vigenti, la domanda di combustibili fossili è destinata a crescere del 40% tra il 2010 e il 2030, aumentando così i livelli attuali di inquinamento dell’aria interna ed esterna, mentre raddoppiare la quota di energie rinnovabili nel mix energetico globale, ridurrebbe l’uso di carbone, petrolio e gas naturale, rispettivamente, del 36%, 20% e 15%.
Oggi, quattro dollari vengono spesi per sovvenzionare il consumo di combustibili fossili per ogni dollaro speso per sussidi alle energie rinnovabili – ha aggiunto Gielen – Con gli attuali prezzi ai minimi storici di petrolio, gas e carbone è ora più facile che mai per i governi apportare correzioni a questa situazione. Questo breve rapporto aiuta a chiarire il costo reale dell’energia, e così facendo, incoraggia l’adozione di politiche che permettano di incrementare l’implementazione delle energie rinnovabili“.

Fonte: Regioneambiente.it

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La siccità del mediterraneo orientale

Pubblicata sul Journal of Geophysical Research, la ricerca “Spatiotemporal drought variability in the Mediterranean over the last 900 years”, condotta dalla NASA rileva che la recente siccità che ha avuto inizio nel 1998 nella regione levantina del Mediterraneo orientale, che comprende Cipro, Israele, Giordania, Libano, Palestina, Siria e Turchia, è con ogni probabilità la peggiore siccità degli ultimi nove secoli.

Gli scienziati hanno ricostruito la storia della siccità del Mediterraneo, come parte dei lavori in corso per migliorare i modelli computerizzati di simulazione del clima, attraverso lo studio degli anelli degli alberi per stabilire le variazioni intercorse delle precipitazioni: anelli sottili indicano anni di siccità; mentre quelli larghi mostrano l’abbondanza d’acqua.
Oltre a identificare gli anni più aridi, il team di scienziati ha scoperto i modelli nella distribuzione geografica della siccità che forniscono un’ “impronta digitale” per identificare le cause sottese. Nell’insieme, i dati mostrano l’intervallo di variazione naturale dei periodi di siccità nel Mediterraneo, che permetterà agli scienziati di distinguere quelli più intensi determinati dal riscaldamento globale indotto dall’uomo.

La rilevanza e l’importanza dei cambiamenti climatici di origine antropica ci impone di comprendere l’intera gamma di variabilità naturale del clima – ha dichiarato Ben Cook, l’autore principale della ricerca e climatologo del Goddard Institute della NASA per gli Studi spaziali e del Lamont Doherty Earth Observatory della Columbia University di New York – Se osserviamo i recenti avvenimenti iniziamo a rilevare le anomalie che si trovano al di fuori di questo intervallo di variabilità naturale, allora possiamo dire con una certa sicurezza a che cosa assomiglia questo particolare evento o questa serie di eventi e quanto è stato il contributo dell’uomo nel determinare i cambiamenti climatici”.

Cook e i suoi colleghi hanno utilizzato i dati sugli anelli degli alberi dell’ “Old World Drought Atlas” per capire meglio la frequenza e la gravità delle siccità verificatesi nel Mediterraneo nel passato. Negli anni compresi tra il 1100 e il 2012, i ricercatori hanno scoperto che le siccità record testimoniate dagli anelli degli alberi corrispondono a quelle descritte nei documenti storici dell’epoca.
Dei dati OWDA gli scienziati si  erano avvalsi anche per spiegare la caduta dell’Impero Khmer e l’abbandono da parte della popolazione della città di Angkor (Cambogia).

La gamma di variabilità di periodi estremamente aridi o piovosi è piuttosto ampia, ma la recente siccità che ha colpito tra il 1998-2012 la regione orientale del Mediterraneo, e tuttora persiste, è di circa il 50% maggiore degli ultimi 500 anni e del 10-20% degli ultimi 900 anni.

mappa mediterraneo

Gennaio 2012. Le tonalità di marrone mostrano le riserve di acqua nella regione del Mediterraneo rispetto allo stoccaggio idrico medio del periodo 2002-2015.
I dati sono desunti dai satelliti GRACE (Gravity Recovery And Climate Experiment), missione congiunta della NASA e l’Agenzia spaziale tedesca) (Fonte: NASA/Goddard Institute).
La copertura di dati su una vasta area ha permesso al team di scienziati non solo di osservare le variazioni nel tempo, ma anche i cambiamenti geografici in tutta la regione.
In altre parole, quando nel Mediterraneo orientale c’è siccità, questa si verifica anche nell’Occidente?
La risposta è sì, nella maggior parte dei casi – ha sottolineato Kevin Anchukaitis, co-autore e scienziato del clima presso l’Università dell’Arizona di Tucson – Questo vale sia per l’attuale società che per le civiltà del passato, ovvero se una regione sta soffrendo le conseguenze della siccità, queste condizioni sono suscettibili di persistere in tutto il bacino del Mediterraneo. Non è necessariamente possibile fare affidamento sulla ricerca di migliori condizioni climatiche in una regione piuttosto che in un’altra, così da avere la potenziale distruzione su larga scala dei sistemi alimentari, nonché potenziali conflitti per l’accaparramento delle risorse idriche”.

I ricercatori, inoltre, hanno osservato che quando la parte settentrionale del Mediterraneo (Grecia, Italia, coste di Francia e Spagna) tende ad avere scarsità di precipitazioni, la parte orientale del Nord Africa è piovosa, e viceversa. Queste relazioni est-ovest e nord-sud hanno aiutato il team a capire quali siano le condizioni oceaniche  ed atmosferiche che portano a periodi secchi o umidi.

I due principali modelli di circolazione che influenzano il verificarsi di periodi siccitosi nel Mediterraneo sono la North Atlantic Oscillation (gennaio-aprile) ovvero la differenza di pressione tra l’Anticiclone delle Azzorre e la Depressione d’Islanda, e l’East Atlantic Pattern (aprile-giugno) che segnala le anomalie delle temperature dell’Atlantico orientale. Questi flussi d’aria descrivono come i venti e il tempo tendano a comportarsi a seconda delle condizioni oceaniche. Hanno fasi periodiche che evitano a lungo il formarsi di tempeste nel Mediterraneo e provocano il formarsi di aria più calda, con la conseguenza che l’assenza di piogge e le elevate temperature fanno aumentare l’evaporazione dai terreni e provocano siccità.
Questo studio dimostra che l’andamento di questo recente periodo di siccità della regione orientale del Mediterraneo è del tutto anomalo rispetto agli altri livelli record che si sono registrati nei secoli scorsi, indicando che quest’area risente già gli effetti del riscaldamento del Pianeta indotto dall’uomo – ha commentato Yochanan Kushnir, climatologo presso il Lamont Doherty Earth Observatory, non direttamente coinvolto nella ricerca – La variabilità dei periodi di eccezionale siccità intervenuti negli ultimi 900 anni costituisce un importante contributo che verrà utilizzato per perfezionare i modelli computerizzati per proiettare il rischio di siccità nel XXI secolo”.

La situazione non sembra allarmare troppo i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo Centro-occidentale, che continuano a far finta di niente, come se la questione non li riguardasse, salvo poi voler distinguere chi scappa per le guerre dai rifugiati climatici e disconoscere come la questione mediorientale abbia avuto una escalation anche a seguito della grave siccità che ha colpito quella che, storicamente, è stata la regione della “Mezzaluna fertile”.

In copertina:
Donne al lavoro nei campi del nord-est della Siria colpita da grave siccità che viene considerata una delle concause della grave crisi socio-economica del Paese.

Infiorata differenziata

Riporto con enorme piacere questa bella notizia che arriva da Tivoli.

Credo che anche da queste piccole cose nascano grandi cambiamenti e siano il segno di profonde sensibilità.

Invito tutti ad approfondire questa notizia:

http://www.asativolispa.it/infiorata-differenziata/